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Finanza

Mps-Mediobanca, partita offerta pubblica di scambio

Mps: parte ufficialmente l’offerta pubblica di scambio su Mediobanca. Ora sì che entra nel vivo una delle sfide più avvincenti del risiko bancario italiano.

Mps su Mediobanca, parte Ops

E accade proprio mentre, da un lato il Tar del Lazio e dall’altro l’Unione Europea, sollevano perplessità sulla legittimità dell’utilizzo del Golden Power da parte del governo nei confronti di Unicredit. Ricordiamo che la banca guidata da Orcel ha lanciato un’Ops su Banco Bpm.

Negli ultimi giorni, intanto, tra Mps e Mediobanca la tensione è stata altissima. Venerdì scorso il consiglio di amministrazione di Mediobanca ha nuovamente preso posizione contro l’offerta arrivata da Siena. Alberto Nagel ha ribadito con forza la chiusura dell’istituto a questa proposta. Secondo il manager non vi sono sinergie di costo sensate né una reale creazione di valore.
Dal canto suo, Mps sostiene l’esatto opposto: per loro la complementarità tra i due istituti è il vero punto di forza dell’operazione. Senza dimenticare, ovviamente, i benefici fiscali legati alle DTA che potrebbero emergere dalla fusione.

Una cosa però è certa: indipendentemente da come la pensino le due banche, da oggi fino all’8 settembre saranno i mercati a dire la loro. E in particolare le azioni Mediobanca che verranno consegnate a Mps. Considerando come si muovono solitamente gli operatori in questo periodo, è molto probabile che la decisione vera arrivi nei primi giorni di settembre. O magari appena dopo Ferragosto.

Gli obiettivi dei senesi

L’obiettivo di Mps è chiaro: raccogliere almeno il 35% del capitale di Mediobanca. Una soglia minima per considerare la scalata riuscita. E guardando alla presenza della Delfin (che fa capo agli eredi di Leonardo Del Vecchio) e a quella di Francesco Gaetano Caltagirone attualmente presenti sia in Mediobanca che in Mps non sembra un traguardo impossibile.

Ma il vero interrogativo ora è: cosa farà il restante 65%? Un’offerta pubblica di scambio che punti a una gestione solida richiederebbe il controllo di oltre il 50% del capitale. E per essere davvero “di successo”, si dovrebbe arrivare almeno al 66,7%, ovvero due terzi dell’azionariato. Quindi la maggioranza qualificata.

Il Corriere ha definito tutta questa vicenda come il “risiko del risiko” e c’è da dire che non ha tutti i torti. Nei giorni scorsi, alcuni soci sono usciti dal capitale di Mediobanca: tra questi ci sono Finfet, Industriale Monge, il gruppo Gavio, Banca Mediolanum e Vittoria Assicurazioni.

Secondo alcuni, dietro queste uscite ci sarebbe il timore legato alla presenza dello Stato nel capitale di Mps. Dove, ricordiamo, è primo azionista. Detto questo, la vera chiave sarà vedere quante azioni passeranno concretamente a Mps al termine delle 8 settimane. E, visti i presupposti, non si esclude qualche colpo di scena.