chronodisruption
Finanza

Chronodisruption

Possiamo intendere la chronodisruption come l’insieme degli effetti dei nuovi assetti organizzativi, delle incredibili possibilità offerte dal progresso tecnologico e delle istanze produttive che modificano le convenzioni sociali e impattano sui ritmi biologici. Ovviamente le preferenze individuali sul miglior utilizzo del proprio tempo sono infinite e creano un valore relativo del tempo.Le aspettative si formano nella società, non solo nel mercato. Le persone si confrontano, parlano e definiscono le loro soglie di accettazione sugli aspetti retributivi, contrattuali, di soddisfazione, intensità e modalità dell’impegno lavorativo. In altri termini, contestualizzano la loro offerta di tempo. Come nota Krugman, “i lavoratori non vogliono i loro vecchi lavori alle vecchie condizioni”.

Convenzioni sociali. La riduzione dell’orario è un processo assai risalente nel tempo: in Italia si lavorava 3.000 ore all’anno nel 1870, oggi solo 1.600, se a fine secolo saranno 1.000 ore non ci sarà da stupirsi. Avremo quindi sempre più tempo libero. Lo diceva ai suoi nipoti Keynes, quasi un secolo fa. È il lato positivo della disoccupazione tecnologica.Dovremmo rallegrarci!

De Masi (2020) notava che il primo articolo della nostra Costituzione recita “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, ma quando fu scritto il lavoro rappresentava la metà della vita: si viveva 300mila ore e si lavorava per 150mila. Oggi si vive per 700mila e si lavora per 70mila: il lavoro rappresenta 1/10 della vita e presto potrebbe diventare 1/20.

Questo processo, che  porta ad aumentare la partecipazione della popolazione mentre si riduce l’intensità di lavoro, è anche più accentuato negli altri paesi europei, i tedeschi lavorano 1349 ore all’anno, i francesi 1490 contro le 1668 degli italiani (Ocse, 2022); dunque, assistiamo a un prolasso lavorativo (1 italiano su 6 svolge lavoro straordinario sistematico, orrendo ossimoro). Cioè, aumenta l’intensità di impiego (margine intensivo) di chi è già occupato piuttosto che il livello di partecipazione (margine estensivo).

Questo processo avviene in un sistema esposto a molteplici transizioni e crea tanto disallineamento tra lavoro, lavoratore e posto di lavoro. Mismatch di ogni tipo: retributivo, di competenze, territoriale, educativo, contrattuale e di orario! È fisiologico, frutto dell’elevata eterogeneità del sistema: inoltre, gran parte delle preferenze non “sono rivelate”, sia sul versante della domanda che dell’offerta, e quando c’è asimmetria informativa, sovente, l’abbinamento è insoddisfacente. Ci sono infiniti sub-mercati con caratteristiche e vincoli di tempo connaturati alla natura della prestazione. E la modalità di erogazione gioca un ruolo sempre maggiore nella scelta di un impiego: lavorare di notte o nei festivi è un disvalore, al contrario lavorare da remoto è un valore aggiunto.

Lo dimentica chi legge la contemporanea presenza di posti di lavoro disponibili e persone in cerca di lavoro come indisponibilità a lavorare e non come inefficienza allocativa nel mercato. Anzi, laddove minore è la disponibilità ad accettare qualsiasi lavoro, maggiore è la civiltà del lavoro, il benessere è diffuso, l’ambiente consente una collocazione efficiente e soddisfacente per entrambe le parti. Un grande esercito di riserva è tipico di società povere, in via di sviluppo, sguarnite di diritti e prive di ammortizzatori sociali che liberino le persone da uno stato di necessità opprimente. Lo sanno bene i cervelli in fuga (ragazze e ragazzi con varie abilità, acquisite nel nostro sistema scolastico) che piuttosto che adattarsi, preferiscono mettersi in gioco dove la loro qualità viene riconosciuta con adeguate retribuzioni e buone condizioni di lavoro, tra cui quelle relative al loro tempo.

Vincoli biologici. Le esigenze fisiologiche e le istanze biologiche riaffiorano ogni qualvolta le persone vengono portate a seguire ritmi innaturali, sovente spinti da istanze produttive o possibilità tecnologiche. Questo conflitto produce malessere ed inefficienza.

L’orologio biologico rilascia ormoni, governa il sistema immunitario e il metabolismo, avvia i movimenti intestinali attraverso il nucleo soprachiasmatico dove confluiscono le fibre dei nervi ottici. La cronobiologia ha identificato l’associazione tra la presenza di luce e la produzione di melanopsina, di serotonina (“la molecola della felicità”) e il cortisolo (che sovraintende alla veglia e contribuisce però allo stress). Viceversa, al crepuscolo, c’è rilascio di melatonina (che conduce al sonno).

Clinicamente, chi dorme sistematicamente meno di 6-7 ore si sta danneggiando in misura analoga a chi fuma o beve. Chi dorme meno di 5 ore corre un rischio di ammalarsi del 30-40% superiore rispetto a chi dorme 7-8 ore» (Plos Medicine, 2022).

Vediamo i cronotipi (le preferenze rispetto all’impegno durante la giornata) così come osservati con la rilevazione sperimentale Inapp IRIS 2024, a cui si riferisce la tabella 1. Le donne sono più mattiniere degli uomini (52 vs 45%), ma gli uomini sono più disponibili (lavorano quando serve). Si preferisce lavorare al mattino al crescere dell’età. Invece, l’istruzione non sembra associata a preferenze orarie specifiche.

Tabella 1: Quando si sente più produttivo (nello studio, al lavoro)?

Inapp IRIS 2024

Il corpo si regola in base alla luce, ai pasti, al movimento e ad altri stimoli. Se riceve stimoli incoerenti, va in crisi. Il disallineamento tra gli stimoli ambientali e le necessità fisiologiche porta alla rottura dei ritmi, foriera di malessere psicofisico. La cronobiologia, snobbata fino all’inizio del ‘900, si è guadagnata nel 2017 il premio Nobel (Jeffrey Hall, Michael Rosbash e Michael Young) che hanno identificato i geni clock che servono a adattare le funzioni del corpo al moto della Terra.

I ritmi biologici che l’individuo rispetta naturalmente sono detti “meccanismi circadiani” e devono trovare un equilibrio con le esigenze socioeconomiche. Ma alcuni limiti fisiologici sono incomprimibili. Il loro mancato rispetto è inefficiente, dispendioso e innaturale, non ecologico, comporta malessere e depressione. La cronoterapia sostiene che i turni di vita dovrebbero convivere al meglio con i ritmi biologici. Un’altra dimensione da considerare.

La gestione del tempo. Cosa si faccia del tempo libero – o del proprio denaro – è una questione privata, con opzioni di scelta diverse a seconda delle condizioni socioeconomiche. Tuttavia, bisognerebbe parlarne perché in entrambi i casi se ne può far buono o cattivo uso, perderci o guadagnarci. Sprecare denaro o tempo ha costi diretti e indiretti molto simili. Serve oculatezza e metodo, competenza e sostegno, condivisione e autonomia.

Il tempo libero non è una quantità assoluta. La collocazione del tempo libero incide sul suo valore. Dipende se consente di stare con chi ami, di fare le cose che ti piacciono o sbrigare i propri oneri di cura. Essere libero ha un valore commisurato al piacere di passare del tempo con chi si vuole, di alimentare relazioni sociali o interessi personali. La collocazione del tempo libero, quindi, non è neutrale. Riposare il lunedì o la domenica non è la stessa cosa, terminare di lavorare alle 10 o alle 19 non è indifferente. Le opportunità cambiano.

Ci fu un ampio dibattito sul finire degli anni ’60 sui “turni di lavoro antisociali” sostenuto dai sindacati, dal Partito Comunista e dalla Chiesa, insieme, a difesa delle istanze di socialità delle famiglie. Riflessioni andate perdute, confronti sugli assetti da dare alla vita, alla società, alle città. Sensibilità scomparse.

La Ministra del Lavoro spagnola Diaz nel 2021 ha avuto il coraggio di rompere il tabù dei tempi lenti e dilatati spagnoli, modificando convenzioni sociali insostenibili quali le ore lavorate (da 40 a 37 ore/settimana) e l’orario (anticipando la chiusura di ristoranti e uffici).

La ricerca “Flex4Future” sulla settimana corta (ovvero solo 4 giorni lavorativi, a parità di retribuzione) elaborata dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano evidenzia come comporti un aumento della produttività del 26%, una riduzione dello stress del 47%, per più del 50% dei dipendenti coinvolti c’è un miglioramento della capacità di gestire obiettivi ed attività, flessibilità e sfide operative. Sperimentazioni sono in corso in vari Paesi e aziende (Sace, Intesa Sanpaolo, Luxottica e Lamborghini) con esiti positivi.

Le possibilità di implementazione di questi modelli dipendono dalla funzione di produzione, dalla natura della produzione e dalla dimensione dell’impresa in termini di addetti, Mandrone (2021). Serve, infatti, una scala (dimensionale) minima che consenta una diluizione della presenza senza contrarre la qualità e quantità della produzione. Vista la dimensione media molto piccola del sistema produttivo e le attività prettamente tradizionali che lo contraddistinguono, saranno relativamente poche le realtà produttive che potranno intraprendere un percorso di innovazione organizzativa. Sia produzioni innovative che incorporino la tecnologia foriera di flessibilità lavorativa, che non implicano un’erogazione in presenza della prestazione.

L’accesso al lavoro da remoto si sta affermando come la nuova segmentazione del mercato del lavoro. Il razionamento all’accesso al lavoro da remoto dipende dalla professione, dal settore, dalla dimensione dell’impresa, dai territori, ecc. Il 50% dei white collar lavora da remoto in Italia (Inapp Plus 2022) contro poco più del 15% dei blue collar. Ben il 30% dei colletti bianchi già oggi possono erogare oltre il 70% delle loro attività da remoto, contro il 70% dei colletti blu che lavorano meno del 30% da remoto.

Dunque, sempre più si baratta tempo per denaro. Sui tavoli negoziali, i contratti si chiudono spesso con concessioni sulla durata e la forma della prestazione lavorativa piuttosto che con aumenti retributivi. Meno ore di lavoro, erogate da remoto, smart, orientati sempre più ai risultati e sempre meno agli adempimenti, ai luoghi e alla presenza in ufficio.

Conclusioni. In ogni fase di transizione si fronteggiano riformisti e conservatori, si contano molte frizioni nel processo di convergenza tra istanze produttive e preferenze dei lavoratori. Il lavoro da remoto, la settimana corta, il lavoro per obiettivi, la logistica, la tecnologia, i cloud. Si aggiungono sempre nuove dimensioni da ricomporre per avere soluzioni complementari.

Se si riveleranno vincoli o opportunità dipenderà dalla cultura che permea gli attori coinvolti e dalla capacità di massimizzare gli aspetti positivi in maniera responsabile, se prevarranno i comportamenti cooperativi e si farà tesoro delle evidenze, abbandonando luoghi comuni e narrazioni a fronte di serie valutazioni e confronti costruttivi.

È un percorso da fare, come quello che faceva Saltatempo di Stefano Benni, recentemente scomparso, che grazie a un orobilogio si muoveva nel tempo e vedeva cose che gli altri ancora non vedevano.Dobbiamo metterci intorno a un tavolo, senza pregiudizi, evitando sia di sognare ad occhi aperti sia di regredire in un’antistorica controriforma.