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L’energia nucleare: a che punto siamo?

Il poderoso World Nuclear Industry Status Report 2025, che, come ogni anno, fotografa lo stato dell’industria nucleare a livello mondiale – e che è stato presentato lo scorso 22 settembre a Roma -, fornisce preziose e dettagliate informazioni utili da esaminare anche alla luce del rinnovato interesse che alcuni paesi, tra i quali il nostro, mostrano nei confronti del nucleare.

Iniziamo enunciando quello che sembra essere il principale messaggio che emerge dal rapporto: il nucleare a livello globale, e con rare eccezioni, è in declino e perde il confronto con le energie rinnovabili in termini di investimenti, capacità installata e produzione effettiva di energia. Infatti, la maggior parte degli indicatori relativi al nucleare è in fase declinante; il picco di quasi tutti quegli indicatori risale a diversi anni fa.

Più precisamente la situazione attuale rispetto a quella di metà del 2024 si caratterizza, sempre a livello globale, principalmente per i seguenti fatti:

  1. Il numero di paesi che gestiscono reattori nucleari è sceso da 32 a 31 e, inoltre, il 66% dei reattori operativi ha più di 31 anni, mentre la loro età media ha raggiunto i 32,4 anni;
  2. il numero di paesi che stanno costruendo nuovi reattori nucleari è sceso da 13 a 11 e nessun Small Modular Reactor (SMR) è operativo o in costruzione nel mondo occidentale;
  3. ci sono solo una sessantina di progetti attivi e in via di realizzazione nel mondo. Il problema è anche, e forse soprattutto, di costi perché, come ha ricordato Letizia Magaldi, presidente del Kyoto Club, in Occidente, il costo degli ultimi reattori nucleari costruiti è risultato elevato e, spesso, molto più elevato rispetto ai costi originariamente stimati. Inoltre, anche i tempi di realizzazione sono aumentati notevolmente rispetto ai programmi iniziali;
  4. la produzione globale di energia nucleare ha raggiunto un nuovo massimo storico nel 2024, ma il risultato è dovuto ad un solo paese: la Cina. Altrove la produzione nucleare si è attestata sui livelli della metà degli anni ’90. Negli ultimi 15 anni la quota di produzione nucleare è praticamente stazionaria e lo è solo grazie alla Cina che ha aumentato la sua quota di nucleare, mentre nella maggioranza dei paesi occidentali il contributo dell’energia atomica si sta riducendo;
  5. la conseguenza è che il contributo del nucleare alla generazione elettrica mondiale è sceso dal massimo del 17% all’attuale 9%.
  6. Questi dati acquistano ulteriore significato se confrontati con la dinamica delle energie rinnovabili, in particolare con l’accelerazione del solare e dell’eolico che ha fatto sì che nel 2024 l’87% della nuova potenza elettrica installata nel mondo sia stata da fonte rinnovabile. Se gli incrementi annuali di capacità nucleare globale si attestano intorno al singolo gigawatt, l’eolico, il solare e gli accumuli fanno aumentare fra il doppio e il triplo la capacità delle reti. In valori assoluti, solo 5,4 GW netti di nucleare sono stati aggiunti nel 2024, a fronte di 452 GW di solare e 113 GW di eolico, rispettivamente circa 90 e 13 volte in più.
  7. La presentazione del Rapporto 2024 si concludeva con la frase: “Soprattutto l’energia solare associata agli accumuli potrebbe rapidamente trasformarsi in un fattore di cambiamento globale nell’equazione energetica”. È quello che sta accadendo.

Le rinnovabili, in termini di investimenti, hanno attratto, nel 2024, ben 21 volte più fondi del nucleare. Le batterie, sempre più economiche, stanno rivoluzionando la flessibilità delle reti elettriche, in contrasto con la tesi del nucleare come unica fonte “programmabile” priva di emissioni di CO2.

Il Rapporto evidenzia anche che il Costo Livellato dell’Energia (LCOE) da fotovoltaico utility-scale è sceso a valori che arrivano anche a 4,5 cent$/kWh, contro un minimo di 14 cent$/kWh del nucleare. Le tecnologie solari ed eoliche sono, inoltre, modulari, scalabili, flessibili e adattabili a ogni contesto, diversamente dal nucleare che richiede grandi impianti centralizzati, se si escludono gli Small Modular Reactors e gli Advanced Modular Reactors dei quali, però, ad oggi non ce n’è alcuno in esercizio in Occidente e i soli due sperimentali operativi, sono uno in Russia e l’altro in Cina.

Questi dati invitano a riflettere sull’opportunità di puntare sul nucleare non prestando adeguata attenzione alle rinnovabili che rischiano, peraltro, di essere penalizzate in termini di disponibilità di risorse dalla priorità accordata al nucleare in diversi paesi tra cui il nostro.

Come è noto nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) dello scorso anno è prevista l’installazione di una capacità totale di nucleare pari a circa 8 GW tra il 2030 e il 2050 in grado di coprire circa l’11% del fabbisogno di energia elettrica al 2050. Sotto numerosi aspetti – economico, ambientale, di sicurezza – il nucleare presenta, con riferimento al nostro paese, vantaggi e svantaggi che sono ben documentati da L. Lavecchia e A. Pasquini in un recente  della Banca d’Italia. Senza entrare nel merito delle diverse – e spesso spinose – questioni e nella valutazione dell’entità di vantaggi e svantaggi, si può osservare che, anche alla luce di quanto si è detto, appare estremamente improbabile che puntando sul nucleare si riescano a rispettare i tempi che il governo stesso si è dato per la decarbonizzazione e che richiederebbero di disporre delle centrali nucleari già nel prossimo decennio.

Ma la strada che il governo intende seguire appare chiara. Lo conferma quanto si è deciso in un Consiglio dei Ministri tenutosi pochi giorni dopo la presentazione del Rapporto che stiamo discutendo: si tratta dell’approvazione di un disegno di legge delega per il ‘nucleare sostenibile’, sul quale dovrà ora lavorare il Parlamento. La delega tocca moltissimi aspetti della questione: dalla ricerca alle compensazioni per i territori su cui si insedieranno le centrali, per citarne soltanto due. Di particolare interesse è il fatto che vengano stanziate consistenti risorse per finanziare “una opportuna campagna di informazione ai cittadini sull’energia nucleare, con particolare riferimento alla relativa sicurezza e sostenibilità” e “opportune forme di informazione capillare per le popolazioni direttamente interessate, nonché di consultazione delle medesime”. L’esperienza di due passati referendum dall’esito negativo per il nucleare ha certamente ispirato questa decisione che non può che essere giudicata positivamente. Ma il giudizio positivo si offusca quando si riflette sul fatto che nulla di simile viene previsto per le rinnovabili che sotto numerosi aspetti, ad iniziare da quelli relativi all’immediatezza dei risultati, non hanno molto da invidiare al nucleare.

Sembra quindi altamente auspicabile l’avvio di un dibattito pubblico ampio ed informato che consideri tutte le possibilità, non concedendo a nessuna di esse i privilegi che potrebbero derivare dalla forza degli interessi.