Le dipendenze in Italia e i servizi di cura
Le persone con dipendenze. L’assunzione di sostanze stupefacenti illegali costituisce una delle maggiori minacce per la salute pubblica a livello mondiale, con conseguenze dannose sul piano fisico, psicologico e sociale. Secondo l’Agenzia dell’Unione Europea per le Droghe (EUDA), l’uso di droghe illecite è una delle principali cause di morte evitabile, sia in modo diretto (come nel caso delle overdosi), sia indiretto (a causa di malattie correlate, incidenti, atti di violenza e suicidi). Secondo le stime dell’OMS, l’uso di stupefacenti provoca circa 600.000 decessi all’anno nel mondo, attribuibili soprattutto a overdose, malattie infettive, problemi cardiovascolari, disturbi psichiatrici e incidenti stradali. Per quanto riguarda l’Europa, l’EUDA riporta che nel 2022 i decessi legati all’uso di droghe sono stati circa 6.400, in aumento rispetto all’anno precedente; tuttavia, questa cifra è sottostimata, poiché non include i dati di tutti i Paesi membri.
In Italia, i servizi pubblici e del privato sociale per le dipendenze stimano di avere preso in carico nel 2023 circa 235.000 utenti. Per il 65,9% si tratta di tossicodipendenti (“puri” o con dipendenza da alcol concomitante), per il 24,6% di alcolisti “puri”, per il 6,4% di persone con dipendenza da gioco d’azzardo patologico, per il 3,4% da tabagismo e per l’1,3% da altre dipendenze, quali internet, social media, sesso, ecc.
Sono i dati dai quali parte il secondo Rapporto 2024 dell’’Osservatorio sull’Impatto Socio-Economico delle Dipendenze – OISED, il Centro Studi e think thank, fondato nel 2022, e dedicato allo sviluppo di analisi a supporto della governance e della sostenibilità del settore per la cura delle dipendenze patologiche.
Il sistema dei servizi per le dipendenze in Italia: gli squilibri regionali
Nel 2023, erano attivi in Italia 570 servizi pubblici per le dipendenze (SerD), articolati in 614 sedi, dislocate su tutto il territorio.
Il rapporto medio nazionale è quello di un SerD ogni 100.000 abitanti, con il valore massimo nel Nord-Ovest (1,1), il minimo (0,8) nel Nord-Est, e con valori intermedi nel Centro (0,9) e nel Sud e Isole (1,0).
Il Molise è la Regione con la dotazione più alta: 2,1. Nella P.A. di Bolzano, in Friuli-Venezia Giulia, nel Lazio e in Campania i valori sono inferiori a 0,8, mentre in Piemonte e in Puglia superano 1,4.
Tra il 2018 e il 2023, il numero di SerD in rapporto alla popolazione è aumentato di 0,04 ogni 100.000 abitanti. La crescita ha riguardato soprattutto le Regioni del Sud: Sardegna, Abruzzo e Calabria (rispettivamente, +0,35, +0,26 e +0,15 ogni 100.000 abitanti). In Piemonte, nella P.A. di Trento e in Toscana si è invece osservata una riduzione (-0,14, -0,01 e -0,001 ogni 100.000 abitanti rispettivamente).
Nei SerD, nel 2023, erano attivi 6.264 operatori dedicati all’assistenza delle persone con problemi di dipendenza da sostanze illegali, escluso il gioco d’azzardo e l’alcol: 133 unità in meno rispetto all’anno precedente; di essi, 5.800 sono dipendenti del SSN.
Nell’ultimo quinquennio, il numero si è ridotto complessivamente del 3,9%, portando il rapporto a 12,1 operatori ogni 100.000 abitanti dai 15 anni di età (-0,3 unità per 100.000 rispetto al 2018).
La dotazione più alta, di 14,2 unità per 100.000 abitanti, si registra ancora una volta nel Nord-Ovest del Paese, seguito dal Nord-Est con 12,6, e dal Centro con 11,3. Nel Mezzogiorno gli operatori sono sistematicamente di meno: 10,7 ogni 100.000 abitanti. Rispetto al 2018, il personale diminuisce in tutte le ripartizioni geografiche; la contrazione più alta si è avuta nel Mezzogiorno (-7,4%) e la più bassa nel Nord-Ovest (-0,3%).
Il dimensionamento dei Servizi in termini di personale dipende dai diversi modelli organizzativi regionali: il rapporto più alto tra operatori e popolazione, pari a 18,5 ogni 100.000 abitanti, è in Valle d’Aosta; quello più sfavorevole, pari a 6,6, in Calabria. Nella P.A. di Trento, nel Lazio, in Basilicata, in Calabria e in Sicilia si osservano rapporti inferiori a 9,8 addetti per 100.000 abitanti, mentre in Piemonte, Valle d’Aosta, P.A. di Bolzano, Emilia Romagna, Liguria e Molise il valore è superiore a 14,6.
Quanto ai Servizi di alcologia, in Italia, nel 2022 (ultimo anno per cui ci sono dati disponibili), se ne registrano 449, con 4.512 operatori (buona parte dei quali sono gli stessi dei SerD), in aumento del 5,2% rispetto al 2019. Il rapporto più favorevole con la popolazione si ha nel Centro, con 9,5 operatori per 100.000 abitanti dai 16 anni di età. Al Sud e nelle Isole il rapporto scende a 9,3, nel Nord-ovest a 9 e nel Nord-est a 7,2.
A livello di regione, la quota più alta di operatori rispetto alla popolazione di riferimento è in Valle d’Aosta (24,3), la più bassa in Emilia Romagna (3,1). In Lombardia, P.A. di Trento, Emilia Romagna, Umbria, Calabria, Sicilia e Sardegna il valore è inferiore a 7,8 operatori ogni 100.000 residenti dai 16 anni; Piemonte, Valle d’Aosta, P.A. di Bolzano, Liguria, Molise Basilicata, invece, un valore superiore a 13,4.
Il personale che opera nei servizi per le dipendenze è molto meno numeroso di quanto previsto dagli standard del DM 77 del 23 Maggio 2022. In base ad essi, oggi, nei servizi pubblici mancherebbero all’appello 1.929 unità di personale: 261 medici, 396 psicologi, 215 infermieri, 646 educatori professionali, 273 assistenti sociali e 139 amministrativi.
Soltanto quattro Regioni — Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Molise — rispettano gli standard di personale previsti. Se tutte le Regioni raggiungessero lo standard nazionale medio di 4,6 operatori ogni 100 utenti, si potrebbero teoricamente seguire circa 40.000 persone in più ogni anno.
All’offerta pubblica, ricorda il Rapporto, si affianca quella del privato sociale, con 803 strutture: il 32,1% nel Nord-Ovest, il 28,0% nel Nord-Est (concentrate in Emilia Romagna e Veneto), il 20,8% nel Mezzogiorno (soprattutto in Puglia) ed il 19,0% nel Centro (soprattutto Toscana e Marche).
Si tratta prevalentemente (74,0%) di strutture residenziali; il 17% sono strutture semi residenziali e il 9% ambulatoriali.
Chi sono le persone prese in carico. Nel 2023, i SerD hanno seguito 132.195 persone con dipendenza da sostanze stupefacenti, +4.830 rispetto all’anno precedente. Tuttavia, se si considera l’intero quinquennio, si osserva una leggera flessione del -0,6%, cioè 860 casi in meno. Rapportando questo dato alla popolazione dai 15 anni, il tasso di presa in carico è di 25,6 utenti ogni 10.000 abitanti, in lieve crescita rispetto all’anno precedente (+0,2 unità). I nuovi ingressi rappresentano il 13,0% del totale. Se si includono anche i casi in cui le droghe rappresentano una sostanza di abuso secondaria, il numero complessivo di utenti supera quota 200.000.
Il Centro Italia esprime il tasso più alto di utenti già in carico, 30,7 ogni 10.000 abitanti over 15, seguito dal Nord-Ovest (28,6), dal Nord-Est (25,1) e infine dal Mezzogiorno (20,5). Nell’arco degli ultimi cinque anni, le prese in carico sono aumentate di 1,9 unità nel Nord-Est e di 1,1 nel Nord-Ovest, mentre sono diminuite nel Centro (-1,3) e nel Mezzogiorno (-0,9). La distribuzione regionale mostra forti disparità, con un picco di 38,7 utenti ogni 10.000 abitanti nelle Marche e un minimo di 14,7 in Sicilia.
La popolazione seguita dai SerD è in prevalenza maschile: gli uomini costituiscono l’85,4% degli utenti, che corrisponde a 392 soggetti in trattamento ogni 100.000 abitanti, contro 64 tra le donne. La stragrande maggioranza (90,9%) è di nazionalità italiana, il 3,2% proviene dall’Africa Settentrionale e il restante 5,9% da Paesi dell’America e dell’Asia. L’età degli utenti è mediamente giovane: il 54,6% ha tra 35 e 54 anni, il 18,0% tra 25 e 34 anni, e un altro 18,0% tra 55 e 64 anni.
Il 60,2% degli utenti in trattamento presso i SerD presenta una dipendenza primaria da eroina, il 26,0% fa uso principalmente di cocaina e il 12,0% di cannabinoidi. Una quota residuale dell’1,8% consuma altre sostanze, come sedativi, ipnotici, stimolanti, allucinogeni o inalanti volatili.
Per quanto riguarda la condizione abitativa, il 60,9% dispone di una fissa dimora, il 4,5% si trova in istituti penitenziari; per la restante parte, il dato non è disponibile. Il 40,0% degli utenti ha un’occupazione, stabile nel 30,8% dei casi e saltuaria nel 9,2%. Il 29,0% risulta disoccupato, mentre il 3,5% è composto da studenti e il 3,1% da soggetti che percepiscono benefici sociali, come pensioni, sussidi per disabilità o sono casalinghe. Anche in questo caso, per una parte degli utenti il dato non è disponibile.
Per quanto riguarda il livello d’istruzione, il 72,1% degli utenti ha conseguito un titolo di scuola secondaria, il 5,9% ha solo la licenza elementare, il 2,4% possiede un titolo di studio superiore alla secondaria e lo 0,6% risulta privo di qualunque titolo di studio. Per i restanti utenti, l’informazione non è disponibile.
Le dipendenze fra le donne e il ricorso ai SerD. Soffermarsi sui dati che riguardano il genere permette di avere una visione più approfondita del fenomeno. Come riportato, gli utilizzatori di sostanze di abuso sono in prevalenza uomini. Ma come spiegare questa informazione? Quando si parla delle differenze di genere, non si può non fare riferimento alle aspettative sociali che investono il genere femminile. La donna dipendente (da sostanze o da gioco) subisce un giudizio più severo rispetto all’uomo perché da lei ci si aspetta che sia responsabile in termini di accudimento verso il marito, i figli e la cura della casa. Inoltre, se dell’uomo che “trasgredisce” spesso si dice che, per quanto ambiguamente, è spavaldo e coraggioso, della donna si mette in dubbio la moralità. Questo quadro, quasi scontato, al limite del luogo comune, innalza la barriera oltre la quale le donne possono fare emergere il problema della dipendenza e rende difficilissima per loro la richiesta di aiuto. Chiedere aiuto, infatti, significa riconoscere e dichiarare di avere un problema. Il nostro sistema, poi, non è pronto ad accogliere le donne. Basti pensare che pochissime Comunità Terapeutiche sono dedicate esclusivamente alle donne e che quelle miste hanno ovviamente una maggioranza di ospiti uomini, creando (involontariamente) difficoltà alle ospiti donne nell’aprirsi al confronto, superando il timore di non essere comprese.
Inoltre, spesso le donne con un problema di dipendenza presentano una comorbilità con problemi di salute mentale legati ad esperienze traumatiche (quasi sempre ad abusi e violenze) vissute in passato, che rendono ulteriormente difficile l’accesso ai Servizi dedicati. Sarebbe auspicabile per affrontare in maniera organica la questione e per facilitare l’aggancio delle donne, creare servizi dedicati con percorsi di disassuefazione che tengano conto delle specificità di genere e punti di accesso a bassa soglia, per esempio in luoghi non fortemente caratterizzati e per questo meno probabilmente generatori di stigma sociale.
Conclusioni. La dipendenza, purtroppo, paga ancora il prezzo di un giudizio culturale e sociale stigmatizzante e colpevolizzante, che non consente una presa in carico della patologia al pari delle altre trattate dal SSN.
La dipendenza, infatti, si pensa sia riconducibile a un problema personale; si fa fatica a riconoscere che il comportamento dipendente non è un vizio, ma una patologia; i SerD sono ancora pensati come strettamente legati alla somministrazione del metadone, e nessuno li vorrebbe vicino casa. I dati del Rapporto dell’OISED descrivono, naturalmente, soltanto la realtà emersa, ma c’è una consistente quota di popolazione che non si rivolge ai servizi e che non viene quindi rappresentata dalle statistiche. Incrementare gli operatori e i servizi a livello capillare, in un sistema territoriale integrato con altri sensori della salute e del benessere potrebbe permettere di lavorare, oltre che sul problema una volta esploso e incancrenito, sulla sua prevenzione, anche attraverso una informazione corretta, abbattendo, con costi irrisori, alcuni ostacoli che rendono difficoltoso l’intervento.