Finanza

La ‘turistificazione’ e i suoi impatti. Un’analisi a partire dall’esperienza di Bari*

Come ampiamente noto, il turismo è un’attività economica in forte crescita che, verosimilmente, accelererà nei prossimi anni. Scopo di queste note è fornire alcuni dati e formulare alcune considerazioni sui suoi impatti, ambivalenti, nelle città italiane, partendo dall’esperienza recente di Bari.

Il turismo e lo sviluppo economico. È utile ricordare alcuni elementi. Il turismo beneficia del più che proporzionale aumento della spesa culturale-ricreativa al crescere del reddito e del consolidarsi di un “ceto medio” nei paesi emergenti (per Bari sono assai importanti quelli dell’Est Europa, in primis la Polonia). È favorito dell’aumento delle rotte aeree dirette, specie fra città medie, e del calo delle tariffe indotto dai vettori low cost; dalla riduzione dei costi informativi e organizzativi dei viaggi all’estero grazie a Internet. Da tempo, poi, le lunghe “villeggiature” estive hanno ceduto il passo a molti ‘turismi’ brevi in luoghi diversi: culturale, enogastronomico, verde e altri.

Il successo delle località ospitanti dipende da molte condizioni, create progressivamente e in tempi non brevi, sia dal settore pubblico che dal privato. Il turismo è assai difficile da governare, per l’ampio ruolo delle forze di mercato e perché le competenze sono allocate su più livelli decisionali (comuni, regioni, stato).

Il turismo è particolarmente interessante per territori “deboli”. Lo sviluppo di attività terziarie, specie a maggior valore aggiunto è, infatti, sovente legato alla storia industriale dei territori, e l’esperienza italiana del XXI secolo (ricostruita in un primo e in un secondo intervento sul Menabò) mostra che esse tendono a concentrarsi più delle manifatturiere. Il turismo è invece meno legato alla ”dipendenza da percorso”: non c’è bisogno di aver avuto un forte passato industriale. Permette di vendere servizi a non residenti, nazionali e internazionali: quindi, come l’export interregionale e internazionale di merci, può avere effetti assai positivi sull’economia del territorio. I redditi generati nel settore si moltiplicano attraverso la spesa interna. Ma può avere altri effetti positivi: favorire la crescita di altri settori, a partire da agroindustria e artigianato, tramite l’immagine dei territori; stimolare l’apprendimento linguistico e l’”apertura mentale” dei cittadini nonché il loro orgoglio per l’apprezzamento della propria città; consentire ai giovani locali di spostarsi a basso costo grazie ai collegamenti.

Tuttavia, nessuna importante regione (tranne alcune piccole isole) è principalmente basata sul turismo; si tratta di un’attività a bassa produttività, con scarsa innovazione e bassi salari. Nelle regioni più forti, come Emilia e Veneto, è un’attività accessoria, per quanto importante, di sistemi produttivi assai articolati.

Sul mercato del lavoro il turismo ha infatti impatti ambivalenti. Da un lato, fa espandere l’occupazione ben oltre la domanda locale (effetto molto prezioso nei territori deboli); dall’altro, occupa molti lavoratori precari e sottopagati. Bari lo conferma: ha conosciuto un recente sviluppo economico decisamente positivo, anche grazie al turismo (e alla crescita dell’ICT). Tuttavia, elaborazioni sui dati delle comunicazioni obbligatorie all’INPS, mostrano che nel 2024 delle 9.658 assunzioni notificate nei settori alberghi, affittacamere e ristoranti nel comune di Bari, solo 604 erano a tempo indeterminato e di queste solo 156 (l’1,6% del totale) a tempo pieno. Secondo i dati Istat nel settore del turismo in provincia di Bari il livello delle retribuzioni per dipendente è circa il 60% di quello medio di tutte le attività economiche; che a sua volta è il 75% di quello medio italiano, notoriamente modesto in comparazione internazionale. Certamente anche a Bari sono molti i “working poor” nel turismo.

I benefici del turismo, inoltre, sono molto concentrati geograficamente: il turismo “regionale” non è che la somma statistica di quello in alcune località. I dati sulla Puglia dall’Agenzia regionale per il turismo lo mostrano. Tre soli comuni (Vieste, Bari e Lecce) spiegano ¼ dei 20,5 milioni di presenze del 2024; dieci, la metà. La media regionale del rapporto fra presenze turistiche e abitanti (2024) – un indice di intensità del fenomeno – è 5,3. Ma dei 257 comuni della regione, 42 non hanno alcuna presenza e in 128 casi (fra cui diversi capoluoghi) il rapporto è inferiore a 2. A Bari è pari a 5,7 e a Lecce raggiunge 11,1. In una dozzina di comuni turistici, anche di significative dimensioni (Gallipoli, Monopoli, Ostuni, Polignano), i valori sono ben più alti.

La crescita del turismo a Bari. Se venti anni fa a Bari un turista era una specie rara, nel 2024 le presenze sono state 1,8 milioni. Nel decennio 2015-2024 sono cresciute del 187%, contro una (ottima) media regionale del 52%. Solo in poche cittadine, tutte in provincia di Bari (Conversano, Locorotondo, Monopoli), l’aumento è stato paragonabile; a Lecce, che ha avuto eccellenti risultati, è stato dell’86%. A dimostrazione dei cambiamenti strutturali del turismo, in alcune località garganiche (Peschici, Tremiti, Vico), che già decenni addietro hanno sviluppato un’industria basata sui più lunghi soggiorni balneari, le presenze si sono ridotte. La durata dei soggiorni nel 2024 in Puglia è di 3,5 notti: media fra le 6 della garganica Vieste e le 2 del capoluogo.

Il turismo è molto cresciuto a Bari per il contemporaneo verificarsi di alcune condizioni abilitanti, in un ampio arco di tempo. In primo luogo, l’accessibilità aerea: la maggioranza dei turisti (esclusi i croceristi, che non determinano “presenze”) raggiunge Bari in aereo. L’aeroporto è stato modernizzato e ampliato, più volte, a partire dalla fine del XX secolo, grazie ai fondi strutturali europei. La società di gestione (della Regione) ha ben operato: la città è attualmente collegato a circa 80 destinazioni, prevalentemente internazionali, con forte copertura dell’Europa Orientale. I passeggeri/anno sono cresciuti da circa un milione a inizio secolo a oltre 7 nel 2024 (decimo aeroporto italiano per traffico), in prevalenza internazionali. Fra il 2015 e il 2024 la crescita è stata dell’83% contro una media nazionale del 39% (dati Assaeroporti).

In secondo luogo, la città ha conosciuto un nettissimo miglioramento; è stata, ed è, ben amministrata. Il teatro Petruzzelli (chiuso fra il 1991 e il 2009 per un incendio doloso) funziona a pieno regime; sin dai piani Urban degli anni ’90 si è intervenuti nella “Città Vecchia”; sono state create spiagge urbane, ora in ulteriore forte ampliamento grazie ad un grande progetto finanziato dal PNRR; è cresciuta l’offerta enogastronomica e ricreativa. La stessa immagine di Bari è radicalmente migliorata: non più “scippolandia”, grazie anche alla letteratura, al cinema, alle serie TV, alla gastronomia; lo racconta anche il New York Times.

La casa e i negozi. Ma non tutto va per il meglio. Un recente aspetto fondamentale del turismo è la fortissima crescita del “mercato airbnb”. Le locazioni per fini turistici di appartamenti prima destinati all’affitto a residenti, sono in crescita esponenziale. Un recente, eccellente rapporto del Future Urban Legacy Lab del Politecnico di Torino mostra che le case per affitti brevi in Italia al 2024 sono circa 750.000, in aumento del 52% sul 2017. Il relativo mercato è cresciuto da 2,5 a 8,8 miliardi. Quella che era nata come una piattaforma di condivisione di appartamenti, per integrazioni di reddito, è divenuta un grande business, sempre più concentrato. I “grandi host”, cioè soggetti che gestiscono più di 10 case, coprono il 40% del mercato italiano: la loro offerta è passata da 400.000 a 1 milione di posti letto. Un’analisi dell’IRPET-Toscana conferma che un aumento del 10% delle locazioni turistiche determina un aumento dell’1,6% dei prezzi degli affitti ordinari.

A Bari le case destinate ad affitti per turisti sono passate da 1307 nel 2017 a 4569 nel 2024: +250%, ben più che nelle altre grandi città italiane. Il rapporto fra case per affitti per turisti e popolazione è arrivato a livelli pari a quelli di Bologna, Roma e Napoli (una casa ogni 60 abitanti), benché ancora inferiori a Venezia, Firenze, Milano. Un quarto di questo patrimonio (come a Bologna ma più che a Roma e Napoli) è nelle mani di “large host”. Gruppi imprenditoriali sui quali non si hanno informazioni stanno plasmando in silenzio gli assetti urbani. Il numero di abitazioni disponibili per l’affitto è drammaticamente diminuito e il loro costo è notevolmente cresciuto. Per Bari, dati di Immobiliare.it mostrano un aumento del costo medio di una stanza per studenti universitari del 44% fra il 2021 e il 2025, e del 41%, nello stesso periodo, per un monolocale.

Così a Bari, in particolare nella parte centrale assai ambita per affitti turistici, è in corso una progressiva espulsione della popolazione residente: una massiccia “turistificazione”. Questo modello di trasformazione urbana, come ha notato con acutezza Elena Granata, premia la rendita immobiliare e allarga le disparità sociali. Può produrre città più polarizzate fra un nucleo di più abbienti, il cui “merito” è sostanzialmente aver ereditato appartamenti e una vasta ”neoplebe” di lavoratori sottopagati. Non a caso, l’Economist ha mostrato che il valore delle successioni sul PIL in Italia è particolarmente alto, assai crescente. Certo, vi sono città dove queste trasformazioni sono più drammatiche: le trasformazioni di Milano, attentamente documentate in un recente volume di Gianni Barbacetto, hanno portato secondo Granata lo scorso anno all’espulsione di 50.000 abitanti che non potevano permettersi l’affitto. Ma questo non consola.

La forte caduta del numero di negozi nelle città italiane, documentata da Confcommercio, è principalmente dovuta alla grande penetrazione delle vendite online e ai mutamenti demografici. Ma anche il turismo conta. Fra il 2012 e la metà del 2024 il numero degli esercizi commerciali a Bari si è ridotto del 22%, con punte più alte in alcune merceologie specializzate; parallelamente il numero di bar e ristoranti è cresciuto del 9%; e quello di alberghi e alloggi è naturalmente schizzato in alto (+343%).

Questi fenomeni si alimentano a vicenda: la crescente convenienza agli affitti brevi ai turisti toglie case agli affittuari; la riduzione dei residenti comprime il mercato per il terziario tradizionale mentre l’aumento dei turisti lo accresce per quello ricreativo. La riduzione delle “economie di prossimità” rende più difficile la vita per i residenti, specie anziani o coppie con bambini piccoli. La “città del turismo” confligge apertamente con la “città della conoscenza”: limita le opportunità di studiare a Bari per i non residenti; rende più difficile il rientro in città di giovani professionisti emigrati, malgrado la forte crescita della domanda di lavoro nel settore dell’informatica e dei servizi digitali alle imprese.

Il turismo può infine determinare poi una tendenza alla privatizzazione di beni comuni. Uno dei temi più importanti è la fruizione delle coste e l’accesso al mare. Se, fortunatamente, il problema non si pone in città, per la ricordata politica di creazione di nuove spiagge pubbliche, in tutta la costa circostante la pressione per realizzare “lidi” con accesso riservato e a pagamento è intensa e crescente.

Conclusioni. Dunque, anche Bari, una medio-grande città fino a non molto tempo fa neppure lambita dal turismo, sta conoscendo una rapida trasformazione dei suoi assetti sociali e urbani, connessa al forte aumento dei flussi turistici. Le sue vicende ricalcano quelle di altre realtà, ben documentate in un recente libro di Sarah Gainsforth.

Governare questi processi non è semplice. In molte realtà europee, tuttavia, a partire dalla Spagna, il tema è da tempo all’attenzione della politica; si cerca di intervenire. Assai meno accade in Italia, come mostrano anche le recenti vicende di Firenze e della Toscana. Molto modesta è la stessa conoscenza del problema e l’attenzione della politica, a tutti i livelli. Bari non sfugge a questa realtà: l’amministrazione comunale da poco rinnovata, che ha accompagnato le positive trasformazioni urbane di cui si è detto e che è stata assai apprezzata dai cittadini, ha operato per promuovere il turismo ma non ha cercato di governarlo. L’attuale, in stretta continuità politica, non pare discostarsi da questa linea.

In generale in Italia, la politica sembra più attenta a soddisfare interessi ben individuati, per intercettarne il consenso, che a promuovere l’interesse generale e i beni comuni; l’assenza di  conoscenza, discussione e capacità di governo – locale e nazionale – potrebbe consentire al turismo (che pure ha indubbi, forti, impatti positivi) di mutare profondamente, e non per il meglio, gli assetti delle nostre città.  


* Il testo riprende l’intervento dell’autore all’incontro “Occhi sulla città. Turismo e iperturismo”, tenutosi alla Libreria Laterza di Bari il 16.5.2025