fed-non-tocca-i-tassi,-le-reazioni
Finanza

Fed non tocca i tassi, le reazioni

La Fed decide di lasciare i tassi di interesse invariati, a dispetto delle minacce più o meno velate giunte da Donald Trump prima e dalle attese dei mercati poi. Avrà fatto bene?

La Fed decide di non tagliare

Per quel che riguarda la politica monetaria statunitense, di certo l’approccio sostenuto ancora da Jerome Powell è con molta probabilità il più adatto alla situazione attuale. I dati parlano chiaro e il presidente della Fed non può permettersi di sbagliare.

Soprattutto ora che questi mostrano un rallentamento dell’economia. Fattore questo che non può assolutamente giustificare una mossa sbagliata dalla Fed, anche se eseguita sotto le pressioni ricevute da parte del presidente. Cosa significa questo? Molto semplice: il costo del denaro rimane in una forchetta compresa tra il 4,25% e il 4,50%.

In poche parole, si sta mantenendo lo stesso livello dallo scorso dicembre. È importante sottolineare come, questa volta, due membri del FOMC abbiano votato contro questa decisione. Parliamo di Michelle Bowman e Christopher Waller, che avrebbero optato per un taglio dei tassi di interesse di un quarto di punto.

Storicamente è la prima volta dal 1993 nella quale due governatori votano in modo contrario alla decisione del comitato. Ricordiamo che il Federal Open Market Committee è composto da 12 presidenti delle Reserve Bank regionali e da 7 governatori.

Sono i principali indicatori dell’economia americana a indicarne un rallentamento, sottolineando come l’attività economica statunitense sia stata moderata nella prima parte dell’anno. Fattore questo riportato anche nel comunicato della Fed presentato a margine della decisione.

Attenzione all’inflazione e ai suoi effetti

Ma non è solo il rallentamento dell’economia a essere causa del mancato calo dei tassi di interesse. Anche l’inflazione, che ha fatto tanto penare negli scorsi mesi, rimane abbastanza elevata e lontana dal livello voluto. Al momento, per quel che riguarda la prossima riunione di settembre, niente è deciso. Lo sottolinea anche il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, sostenendo come la politica monetaria moderatamente restrittiva attuale sia appropriata e in linea con i rischi di inflazione.

Gli effetti inflattivi sono effettivamente quelli che preoccupano di più, anche in concomitanza alla spinta sul prezzo di alcuni beni derivanti dai dazi. Donald Trump aveva già espresso delusione per l’atteggiamento del presidente della Fed, sottolineando di sapere che i tagli sarebbero arrivati a settembre e non a luglio. Vero è che, per l’ex tycoon, Jerome Powell sarebbe stato in ritardo sulle necessità degli americani anche se avesse eseguito il taglio.

Sarà interessante capire non solo cosa accadrà nelle prossime settimane prima della riunione di settembre, ma anche come reagirà l’Europa di conseguenza per quel che concerne il costo del denaro nel continente.