Congedo parentale: modi e tempi di utilizzo*
Negli ultimi anni, diverse leggi di bilancio – inclusa l’ultima – sono intervenute sulla disciplina dei congedi parentali (i periodi di astensione facoltativa dal lavoro riconosciuti ai genitori per la cura dei figli), ampliandone durata e copertura retributiva. Le modifiche mirano a favorire una maggiore partecipazione dei padri e a sostenere la conciliazione tra lavoro e famiglia. Tuttavia, per valutarne l’efficacia è fondamentale capire come e da chi il congedo venga effettivamente utilizzato.
Le madri: uso diffuso ma differenziato. L’analisi dei dati Inps sull’uso del congedo parentale da parte dei genitori di bambini nati nel 2012 e 2013, osservati lungo l’intero periodo di fruizione possibile, cioè fino ai 12 anni del figlio, rivela un quadro articolato. Il 37% delle madri non ha mai utilizzato il congedo parentale, mentre il restante 63% lo ha fatto almeno una volta. È importante considerare che una parte delle donne che non ha fruito del congedo potrebbe aver abbandonato il mercato del lavoro dopo la nascita del figlio, senza farvi ritorno nel periodo di osservazione. Tra le utilizzatrici le differenze sono marcate: circa il 22% ha fruito del congedo per meno di 90 giorni, il 37% utilizza il congedo per un periodo superiore a 90 giorni ma inferiore a180 giorni e il 41% per 180 giorni (cfr. Tabella 1).
Tabella 1– Uso del congedo da parte delle madri nei primi 12 anni di vita del bambino e intensità di utilizzo
| Madri | % | Intensità | % |
| Non Fruitrici | 37,36% | ||
| Fruitrici | 62,64% | Fruitrici a bassa intensità | 21,73% |
| Fruitrici a media intensità | 37,22% | ||
| Fruitrici ad alta intensità | 41,05% | ||
| Totale | 100,00% | 100,00% |
Reddito e tipologia contrattuale fanno la differenza. L’uso del congedo da parte delle madri è fortemente correlato alla posizione lavorativa e al livello di reddito (per una trattazione più ampia si veda l’ultimo rapporto Inps). Le madri che non ricorrono al congedo guadagnano in media circa 12mila euro l’anno, sensibilmente meno delle fruitrici (abbiamo considerato la retribuzione teorica nel periodo di fruizione -ovvero quella che la lavoratrice dovrebbe percepire in base al proprio contratto – anziché la retribuzione effettivamente corrisposta, poiché quest’ultima risente dell’eventuale utilizzo, più o meno esteso, del congedo parentale). Tra queste ultime, le retribuzioni più elevate si osservano tra chi utilizza il congedo con intensità intermedia (circa 19mila euro), mentre chi ne fa un uso limitato o molto prolungato si colloca su valori leggermente inferiori. La tipologia contrattuale pesa in modo determinante: le lavoratrici a tempo determinato rinunciano al congedo nel 79% dei casi, mentre la quota scende al 32% tra le dipendenti a tempo indeterminato. Analogamente, tra le lavoratrici part-time, il 44% non usa il congedo, contro il 33% delle full-time. Anche la dimensione dell’impresa conta. Quasi una madre su due impiegata in aziende con meno di 15 dipendenti non fruisce del congedo, a fronte del 35% nelle medie imprese e del 25% nelle grandi. È interessante notare, però, che chi lavora in piccole aziende e decide comunque di usare il congedo tende a farne un uso più intenso, probabilmente per compensare la mancanza di altre forme di welfare aziendale.
La fruizione varia anche per area geografica. Nel Centro-Nord, solo il 31% delle madri non utilizza il congedo parentale, contro il 59% nel Mezzogiorno. Tra le fruitrici, al Nord prevalgono i casi di uso medio e alto (rispettivamente 38 e 42%), mentre nel Sud le stesse quote scendono al 34 e 37%.
Padri: ancora lontani dalla condivisione. Il divario di genere nell’uso del congedo resta enorme: solo l’8% dei padri ne usufruisce, a fronte del 63% delle madri. E anche tra chi lo usa, la differenza è netta: quasi l’80% dei padri lo fa per meno di 90 giorni e appena il 4% raggiunge o supera i 180 giorni (cfr. Tabella 2). Il tasso di utilizzo cresce leggermente tra i dipendenti delle grandi imprese (16%) e scende al 3% nelle piccole. Le differenze territoriali sono più contenute rispetto alle madri, ma i padri del Sud restano comunque meno propensi a ricorrere al congedo.
| Tabella 2 – Uso del congedo da parte dei padri nei primi 12 anni di vita del bambino e intensità di utilizzo | |||
| Padri | % | Intensità | % |
| Non Fruitori | 91,67% | ||
| Fruitori | 8,33% | Fruitori bassa intensità | 79,82% |
| Fruitori a media intensità | 15,96% | ||
| Fruitori ad alta intensità | 4,22% | ||
| Totale | 100,00% | 100,00% | |
Quando si usa il congedo. Nel Grafico 1 sono riportati i giorni medi di congedo parentale usufruiti complessivamente dalla coppia, e poi separatamente dalle madri e dai padri, nei casi in cui entrambi i genitori abbiano fatto ricorso alla misura. In questo caso, il numero medio di giorni usufruiti dalla coppia è calcolato considerando la somma dei giorni di congedo utilizzati dalla madre e dal padre nel corso dello specifico anno di vita del figlio. Nel primo anno di vita si registra un picco, con una media di circa 96 giorni per le madri e 7 per i padri. Dal secondo anno, i giorni di congedo diminuiscono per entrambi i genitori, ma in modo più marcato per le madri (che scendono a circa 19 giorni, contro i 10 dei padri).
Il calo prosegue nel terzo e quarto anno, seguito da una lieve ripresa fino al sesto, probabilmente legata all’ingresso nella scuola dell’infanzia. Dal settimo al nono anno l’utilizzo si stabilizza intorno agli 8-14 giorni rispettivamente per le madri e per i padri, per poi registrare una lieve ripresa nell’ultimo triennio, più evidente tra le madri.
Grafico1. Numero medio di giorni di congedo parentale usufruiti dalla coppia, dalle madri e dai padri, nei casi in cui entrambi i genitori hanno fatto uso del congedo
Chi esaurisce tutti i mesi disponibili. Un altro aspetto interessante riguarda la quota di genitori che raggiunge il limite massimo di congedo (sei mesi per ciascun genitore, sette per i padri in alcuni casi). Circa il 25% delle madri utilizza tutti i mesi di congedo parentale disponibili entro il dodicesimo anno di età del figlio, pari al 40% delle madri che hanno fruito della misura. Come mostra il Grafico 2, che riporta la percentuale di madri (pannello 1) e di padri (pannello 2) che hanno esaurito il congedo entro ciascuno dei dodici anni di vita del bambino in cui esso è fruibile, la gran parte delle madri utilizza il congedo nei primi anni di vita del figlio: circa il 30% entro il primo anno, il 35% entro il secondo e il 37% entro il terzo.
Tra i padri fruitori solo lo 0,9% esaurisce il congedo entro il primo anno di vita del bambino, e la quota sale al 6,4% al dodicesimo (qui a differenza di quanto fatto sopra i dati sui congedi non vengono abbinati a quelli sull’Assegno unico poiché non era necessario individuare la platea dei potenziali beneficiari e a ciò è dovuta la differenza rispetto al dato riportato in Tabella 2). Ciò conferma che mentre le madri concentrano l’uso del congedo parentale nei primi anni di vita del bambino, i pochi padri che lo usano tendono a ricorrervi quando il bambino/a è più grande.
Grafico 2. Uso del congedo da parte di madri e padri nei primi 12 anni di vita del bambino e intensità di utilizzo
Madri Padri
Che cosa ci dicono questi dati. Il congedo parentale resta uno strumento largamente femminile, utilizzato in modo diseguale per area geografica, settore e posizione lavorativa. Le riforme recenti hanno ampliato diritti e coperture, e l’ultima legge di bilancio ha ulteriormente rafforzato la misura, estendendo la possibilità di fruire del congedo fino ai 14 anni di età del figlio portando da due a tre i mesi di congedo parentale indennizzati all’80% della retribuzione. L’estensione dell’età rappresenta un’opportunità per quei genitori che non hanno utilizzato interamente i giorni disponibili nelle prime fasi della vita del bambino. Tuttavia, pur costituendo un passo avanti importante sul piano normativo, l’impatto concreto rischia di essere limitato, poiché l’utilizzo del congedo parentale continua a concentrarsi soprattutto nel primo anno di vita del figlio. Per quanto riguarda, invece, l’effetto della maggiore generosità economica, le analisi riportate nei rapporti annuali INPS [qui e qui] evidenziano un incremento nell’utilizzo sia da parte delle madri che dei padri. Considerato però che il numero di padri che ne usufruiscono resta ancora molto basso, potrebbe risultare più efficace riservare uno dei mesi con indennità all’80% all’uso esclusivo dei padri.
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