Finanza

Si introduca il Decreto Pensionistico Unico

Non bastassero le complicazioni delle regole di calcolo delle prestazioni e dei canali temporanei di uscita anticipata, in Italia è difficile anche tenersi informati sugli aggiornamenti periodici dei parametri pensionistici, sia quelli che incidono sull’importo della pensione sia quelli che riguardano i requisiti di età e di anzianità per il pensionamento. Oggi ci sono tre decreti distinti: quello per rivalutare le pensioni all’inflazione, quello per aggiornare i requisiti di età e contribuzione per l’accesso alla pensione, e quello per aggiornare i coefficienti di trasformazione del montante nozionale in rendita per le pensioni di nuova liquidazione in toto o in parte contributive. Sarebbe conveniente condensarli in un solo decreto a data fissa che entrasse negli scadenzari con cui prima o poi ci si familiarizza, per razionalizzare la produzione normativa, favorire la diffusione dell’informazione, promuovere la maturazione e la consapevolezza dell’opinione pubblica. Nell’individuare proprietà e obiettivi delle leggi, la Filosofia del Diritto da sempre sottolinea l’importanza della chiarezza, non solo dell’articolato ma anche dell’atto normativo materiale (modalità di emanazione, canali di diffusione, supporto documentale, omogeneità nel tempo, etc.), per facilitare la conoscenza della norma da parte dei destinatari e farne comprendere la ratio a chi è chiamato a rispettarla. La chiarezza è anche cartina di tornasole perché, laddove una norma non riesca a esserlo e stenti a svelare la sua ratio, c’è qualcosa che non va.

Il decreto per l’indicizzazione all’inflazione. A novembre di ogni anno, un decreto interministeriale, del Ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ufficializza il tasso di rivalutazione delle pensioni a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo. Il tasso è il FOI s.t. previsto per l’anno tal netto della differenza tra il FOI già riconosciuto in via preventiva dal 1° gennaio dell’anno t-1 e il suo valore effettivo divenuto noto nel corso dell’anno t. I tassi di indicizzazione, sia i previsti che gli effettivi, se negativi sono posti pari a zero (pavimento introdotto dalla L. 208/2015, art. 1, c. 287). In vigore ormai da tanti anni, il meccanismo è abbastanza lineare e rodato. Un po’ più complessi e meno conosciuti al pubblico sono, invece, gli altri due meccanismi di aggiornamento parametrico.

Il decreto per l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione. I coefficienti di trasformazione del montante nozionale in rendita sono aggiornati con decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. L’aggiornamento esiste dal 1995 (L. 335/1995), con frequenza che, inizialmente decennale, e stata poi cambiata in triennale e poi rivista ancora in biennale in sincronia con l’aggiornamento dei requisiti anagrafico-contributivi di accesso alla pensione (paragrafo successivo). In totale, a oggi i coefficienti sono stati rivisti sette volte (la riforma delle pensioni “Fornero” del 2011 ha reso l’aggiornamento un atto tecnico assolvibile con decreto direttoriale): la prima volta con decorrenza 2010, con L. 247/2007; la seconda con decorrenza 2013, con decreto direttoriale di maggio 2012; la terza con decorrenza 2016, con decreto direttoriale di giugno 2015; la quarta con decorrenza 2019, con decreto direttoriale di maggio 2018; la quinta con decorrenza 2021, con decreto direttoriale di giugno 2020; la sesta con decorrenza 2023, con decreto direttoriale di dicembre 2022; la settima volta con decorrenza 2025, con decreto direttoriale di novembre 2024.

Nel complesso degli aggiornamenti, si riconoscono alcuni aspetti significativi. Il decreto direttoriale dell’anno t adegua i coefficienti a decorrere dall’anno t+1. Il mese di emissione del decreto è stato sinora variabile, e negli ultimi round si è collocato verso la fine dell’anno t. Solo a partire dall’aggiornamento con decorrenza 2019, tramite il sito web istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali si accede facilmente a una pagina dedicata al singolo round di aggiornamento con due documenti allegati e scaricabili: da un lato il decreto direttoriale e, dall’altro, la nota tecnica di supporto redatta dalla Conferenza dei servizi con la citazione delle note con cui l’ISTAT ha trasmesso i dati necessari (speranza di vita alle varie età a cui si può decidere di pensionarsi, probabilità di sopravvivenza di eredi reversibili, differenziale medio di età tra de cuius ed eredi reversibili, etc.). Le note dell’ISTAT sono citate ma non scaricabili.

Il decreto per l’aggiornamento dei requisiti di pensionamento. I requisiti di età e di anzianità contributiva per il pensionamento sono aggiornati con decreto direttoriale del Ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. In attesa del settimo che dovrebbe essere ufficializzato entro la fine dell’anno, sinora gli adeguamenti sono stati sei: il primo (+ 3 mesi), con decorrenza 2013, ufficializzato a dicembre 2011; il secondo (+ 3 mesi), con decorrenza 2016, ufficializzato a dicembre 2014; il terzo (+ 5 mesi), con decorrenza 2019, ufficializzato a dicembre 2017; il quarto (nullo), con decorrenza 2021, ufficializzato a novembre 2019; il quinto (nullo), con decorrenza 2023, ufficializzato a ottobre 2021; il sesto (nullo), con decorrenza 2025, ufficializzato a luglio 2023. L’adeguamento non può essere negativo né eccedere i tre mesi, con recupero in sede dell’aggiornamento successivo.

Sulla base dei più recenti indicatori demografici rilasciati dall’ISTAT, i decreti formalizzano la variazione della speranza di vita a 65 anni. In particolare, il decreto emanato nell’anno t adegua i requisiti a decorrere dall’anno t+2, e la misura dell’adeguamento è pari alla differenza tra, da un lato, la media della speranza di vita a 65 anni negli anni t-1 e t-2e, dall’altro, la media dello stesso indicatore negli anni t-3 e t-4. Il mese di emissione del decreto è stato sinora variabile, quasi sempre verso la conclusione dell’anno anche se nell’ultimo round (il sesto) è stato luglio. Dalle premesse all’articolato dei vari decreti emerge che la quantificazione della variazione (il contenuto tecnico) è comunicata dal Presidente dell’ISTAT con nota indirizzata, presumibilmente, al Ministro dell’Economia e forse anche al Ministro del Lavoro, oppure direttamente al Ragioniere generale dello stato (per l’Economia) e al Direttore generale delle politiche previdenziali e assicurative (per il Lavoro). Guardando ai sei aggiornamenti sino a oggi, la nota dell’ISTAT è sopraggiunta qualche mese prima del decreto, tra maggio e luglio dell’anno t, incorporando i nuovi dati demografici che normalmente sono rilasciati in primavera. Mentre i decreti, pur con qualche difficoltà, sono rinvenibili in rete, le note tecniche dell’ISTAT sembrano invece non disponibili e, se lo sono, o ne va fatta esplicita richiesta oppure, plausibilmente, sono archiviate in qualche directory di non immediato accesso sui siti web istituzionali.

È proprio necessario che i decreti siano tre e vengano pubblicati in anni diversi e in momenti diversi dell’anno, tra l’altro anche non fissi? La rilevanza del tema richiederebbe che all’automatismo degli aggiornamenti corrispondano massime linearità, trasparenza e verificabilità della procedura, perché lo stesso automatismo non si trasformi, agli occhi dei cittadini, in una black box. Si avanzano due proposte di riorganizzazione, entrambe incentrate sulla introduzione di un decreto unificato, il Decreto Pensionistico Unico del 15 novembre.

Prima proposta. Si suggerisce di istituire il Decreto Pensionistico Unico, atto interministeriale a finalità meramente ricognitiva dei nuovi valori dei parametri, da emanarsi ogni anno il 15 novembre o il primo giorno feriale successivo, e contenente, in articoli distinti, il tasso di rivalutazione delle pensioni, i nuovi coefficienti di trasformazione se l’anno è pari, l’incremento dei requisiti anagrafico-contributivi se l’anno è dispari. Al posto di tre atti, un unico atto ben scritto, emanato in data certa e adeguatamente diffuso al pubblico.

Seconda proposta. Una ulteriore ottimizzazione si ha col totale allineamento dei tempi di aggiornamento tra coefficienti “Dini” e requisiti di pensionamento, in modo che il Decreto Pensionistico Unico in contenga, negli anni pari, solo un articolo con il tasso di rivalutazione delle pensioni con decorrenza dal gennaio successivo e, negli anni dispari, anche altri due articoli con, rispettivamente, l’aggiornamento dei requisiti di pensionamento e l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione, entrambi con decorrenza dal secondo gennaio successivo (ovvero in t+2). Se l’aggiornamento dei parametri accadesse raramente, la rinuncia a usare i dati più recenti per aggiornare i coefficienti di trasformazione (quelli sinora disponibili l’anno prima e non due anni prima) avrebbe un po’ più rilevanza; ma la natura biennale degli aggiornamenti porta a dire che non ci sarebbero alterazioni significative e, soprattutto, resterebbe identico il trend di medio-lungo periodo.Inoltre, c’è un altro aspetto più importante a favore del completo allineamento. Adesso sembra implicita una valutazione di maggiore importanza, ai fini delle scelte dei pensionandi, dei requisiti anagrafico─contributivi (resi noti con almeno un anno di anticipo) rispetto ai coefficienti di calcolo (resi noti con un anticipo di poche settimane); ma è una presunzione giuridica totalmente infondata e sarebbe meglio che il Legislatore ponesse entrambe le informazioni sullo stesso piano.

Il Decreto Pensionistico Unico potrebbe essere archiviato in un apposto spazio sul sito web istituzionale dell’INPS accessibile a tutti, con in allegato tutti i documenti tecnici in base ai quali è stato redatto. Sulla stessa area web rimarrebbe consultabile lo storico dei vari decreti per una ricostruzione completa degli andamenti, come già è per le serie storiche di finanza pubblica. Che si opti per la prima o per la seconda proposta, si tratterebbe di una riforma a costo zero, di poche righe in un articolo di legge, ma con un miglioramento immediato della chiarezza della normativa e della sua capacità di informare e promuovere consapevolezza, in particolare sugli andamenti della demografia e i necessari correttivi che questi implicano nella regole di pensionamento e calcolo della pensione. E di chiarezza e consapevolezza sui parametri pensionistici nei prossimi decenni si avrà tanto bisogno. Si spera che nei prossimi mesi possa essere questa la modifica apportata permanentemente alle regole di aggiornamento parametrico, e non invece la sterilizzazione dell’aggiornamento dei requisiti di pensionamento dal 1° gennaio 2027, ma probabilmente sugli interessi dei giovani e sulla Filosofia del Diritto avrà la meglio la cinica, e quindi sempre perfetta oracolante, Public Choice.